Che cosa è il lavoro umano?
A questo interrogativo non si può dare che una risposta articolata. Esso è innanzitutto una prerogativa dell’uomo-persona, un fattore di compiutezza umana, che appunto aiuta l’uomo ad essere più uomo. Senza il lavoro egli non solo non può alimentarsi ma neppure autorealizzarsi, ossia raggiungere la sua vera dimensione. In secondo luogo, e di conseguenza, il lavoro è una necessità, un dovere, che dona all’essere umano vita, serenità, impegno, significato. L’apostolo Paolo, ricordiamolo, ammonisce severamente: «Chi non vuole lavorare non mangi» (2Ts 3,10).
Quindi ciascuno è chiamato a svolgere un’attività, a qualunque livello essa si collochi, mentre vengono condannati l’ozio e lo sfruttamento. Inoltre, il lavoro è un diritto, è il grande e fondamentale diritto dell’uomo. In quanto tale, esso deve essere promosso e salvaguardato dalla società anche nell’eventuale conflitto con altri diritti. A queste condizioni, il lavoro diventa anche un servizio, così che l’uomo cresce nella misura in cui dona se stesso per gli altri. E da questa armonia trae vantaggio non solo l’individuo, ma anche la società stessa.
[Angelus, 20 settembre 1981]
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