«Ha posato lo sguardo sulla povertà della sua serva... Ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili» (Lc 1,48a.52). Con queste parole la Vergine esalta la sapienza divina, che si compiace degli umili e confonde chi confida unicamente nelle proprie sicurezze. Il “povero” è colui che aderisce con tutto il cuore al Signore, obbedendo alla sua volontà, espressa in concreto nella Legge di Mosè. La povertà concepita a questo modo non si riduceva a un vacuo intimismo, capace di eludere i doveri della giustizia sociale. Al contrario, l’osservanza della Legge mosaica produceva effetti visibili di fraternità. Difatti essa faceva l’obbligo pressante di soccorrere l’indigente, la vedova, l’orfano, lo schiavo, lo straniero; prevedeva inoltre il condono dei debiti in occasione dell’anno sabbatico e giubilare. Maria, scrive il Concilio Vaticano II, “primeggia tra gli umili e i poveri del Signore, i quali attendono e ricevono da lui la salvezza” (Lumen Gentium, 55). L’Annunciazione è il documento emblematico della Vergine come creatura “povera nello spirito”, che col suo “fiat” si apre in docilità perfetta alla volontà di Dio (Lc 1,49a-52.54). Sino al giorno del suo transito alla gloria celeste, la povertà di Maria consisterà nella dedizione generosa alla persona e all’opera del Figlio. E sempre nel chiaroscuro della fede!
[Angelus, 25 settembre 1983]
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