Gli anni che stiamo vivendo possono essere considerati sicuramente di transizione epocale.
Sotto i nostri occhi c’è un mondo in movimento.
L’umanità è come ad un bivio.
La sfida della libertà costituisce da sempre la grandezza e il pericolo dell’uomo. Ma oggi l’interdipendenza dei popoli dà a questa sfida un carattere nuovo, globale, planetario.
Una domanda interpella profondamente la nostra responsabilità: quale civiltà si imporrà nel futuro del pianeta?
Dipende infatti da noi se sarà la civiltà dell’amore, come amava chiamarla Paolo VI, oppure la civiltà - che più giustamente si dovrebbe chiamare “inciviltà” - dell’individualismo, dell’utilitarismo, degli interessi contrapposti, dei nazionalismi esasperati, degli egoismi eretti a sistema.
La Chiesa sente il bisogno di invitare quanti hanno veramente a cuore le sorti dell’uomo e della civiltà a mettere insieme le proprie risorse e il proprio impegno, per la costruzione della civiltà dell’amore.
[Angelus, 13 febbraio 1994]
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