«Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla».
(Sal 22,1)
Nella liturgia rinnovata queste parole sono diventate a noi ancora più vicine. Ci piace cantarle, comprendendo bene il significato della metafora che si racchiude nelle parole del Salmo: «Su pascoli erbosi mi fa riposare, ad acque tranquille mi conduce. Mi rinfranca, mi guida per il giusto cammino, per amore del suo nome» (Sal 22,2-3).
Cantiamo spesso queste parole per aprire davanti al Signore tutta la nostra anima - e tutto ciò che la travaglia: «Se dovessi camminare in una valle oscura, non temerei alcun male, perché tu sei con me...» (Sal 22,4). Il nostro pellegrinaggio terrestre non è un andar raminghi per vie impervie. C’è un Pastore che ci conduce, che vuole il nostro bene e la nostra salvezza - non soltanto in questa vita, ma anche nell’eternità: «Felicità e grazia mi saranno compagne tutti i giorni della mia vita, e abiterò nella casa del Signore per lunghissimi anni» (Sal 22,6).
[Angelus, 18 luglio 1982]
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