Il libro dell’Imitazione di Cristo è stato certamente il testo di letteratura religiosa più diffuso da secoli nel popolo cristiano in Occidente. Ha formato schiere di santi (da sant’Ignazio di Loyola a san Carlo Borromeo, da santa Teresa d’Avila a santa Teresa di Lisieux, da san Giuseppe Cottolengo a san Giovanni Bosco e santa Maria Mazzarello) ed è stato raccomandato sempre dai Papi, da san Pio V a san Pio X, da Pio XI al beato Giovanni XXIII. L’hanno apprezzato anche uomini di cultura lontani dalla Chiesa (da Taine a Comte, da Michelet a Carducci e Croce) e letterati e scienziati insigni, da Corneille a Voltaire, da Ampère a Retté, da Papini a Merton. Ben pochi avrebbero dissentito dal celebre giudizio di Fontenelle: «L’Imitation est le plus beau livre sorti de la main des hommes puisque l’Evangile n’en vient pas» (1).
(cfr: La Civiltà Cattolica 2009 II 139-144 quaderno 3812)
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