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Nella Vita e nella Parola di Gesù l'uomo trovi la sua vera dimensione e riesca ad esprimerla con Amore e Carità.

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domenica 14 novembre 2010

14 novembre 2010 Un pensiero al giorno di Giovanni Paolo II

La sofferenza è qualcosa di ancora più ampio della malattia, di più complesso ed insieme ancor più profondamente radicato nell’umanità stessa.
Una certa idea di questo problema ci viene dalla distinzione tra sofferenza fisica e sofferenza morale. Questa distinzione prende come fondamento la duplice dimensione dell’essere umano, ed indica l’elemento corporale e spirituale come l’immediato o diretto soggetto della sofferenza.
Per quanto si possano, fino ad un certo grado, usare come sinonimi le parole “sofferenza” e “dolore”, la sofferenza fisica si verifica quando in qualsiasi modo “duole il corpo”, mentre la sofferenza morale è “dolore dell’anima”. Si tratta, infatti, del dolore di natura spirituale, e non solo della dimensione “psichica” del dolore che accompagna sia la sofferenza morale, sia quella fisica.
La vastità e la multiformità della sofferenza morale non sono certamente minori di quella fisica; al tempo stesso, però, essa sembra quasi meno identificata e meno raggiungibile dalla terapia.

[Salvifici doloris, 5]

5. Anche se nella sua dimensione soggettiva, come fatto personale, racchiuso nel concreto e irripetibile interno dell'uomo, la sofferenza sembra quasi ineffabile ed incomunicabile al tempo stesso, forse nient'altro quanto essa esige, nella sua « realtà oggettiva », che sia trattata, meditata, concepita nella forma di un esplicito problema, e che quindi intorno ad essa si pongano interrogativi di fondo e si cerchino le risposte. Come si vede, non si tratta qui solo di dare una descrizione della sofferenza. Vi sono altri criteri, che vanno oltre la sfera della descrizione, e che dobbiamo introdurre, quando vogliamo penetrare il mondo dell'umana sofferenza.



Può darsi che la medicina, come scienza ed insieme come arte del curare, scopra sul vasto terreno delle sofferenze dell'uomo il settore più conosciuto, quello identificato con maggior precisione e, relativamente, più controbilanciato dai metodi del «reagire » (cioè della terapia). Tuttavia, questo è solo un settore. Il terreno della sofferenza umana è molto più vasto, molto più vario e pluridimensionale. L'uomo soffre in modi diversi, non sempre contemplati dalla medicina, neanche nelle sue più avanzate specializzazioni. La sofferenza è qualcosa di ancora più ampio della malattia, di più complesso ed insieme ancor più profondamente radicato nell'umanità stessa. Una certa idea di questo problema ci viene dalla distinzione tra sofferenza fisica e sofferenza morale. Questa distinzione prende come fondamento la duplice dimensione dell'essere umano, ed indica l'elemento corporale e spirituale come l'immediato o diretto soggetto della sofferenza. Per quanto si possano, fino ad un certo grado, usare come sinonimi le parole « sofferenza » e « dolore », la sofferenza fisica si verifica quando in qualsiasi modo « duole il corpo », mentre la sofferenza morale è « dolore dell'anima ». Si tratta, infatti, del dolore di natura spirituale, e non solo della dimensione « psichica » del dolore che accompagna sia la sofferenza morale, sia quella fisica. La vastità e la multiformità della sofferenza morale non sono certamente minori di quella fisica; al tempo stesso, però, essa sembra quasi meno identificata e meno raggiungibile dalla terapia.

2 commenti:

  1. metti anche questo di pensiero , visto che era il suo....... http://www.notiziegenova.altervista.org/index.php/te-lo-nasondono/1879-vergogna-vaticana-scandalo-pedofilia-coinvolge-la-figura-di-papa-giovanni-paolo-ii

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  2. Non sottoscrivere un commento è generalmente segno di grande debolezza, anche se si fa riferimento alla fonte. Non voglio esprimere nessun commento al commento, ho solamente cercato di leggere l'articolo con gli occhi di cristiano consapevole, perchè cè tanta differenza tra definirsi cristiani e cercare di vivere da cristiani.
    Giovanni Paolo II è stato e rimarrà sempre un vero sequace di Cristo.
    Gesù, infatti, non punta il dito contro il peccatore, ma condanna duramente la situazione di peccato, aiutando l'uomo a riconquistare la sua dignità.

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