Questo re, al quale durante l’Avvento ci rivolgiamo con tutta la forza della nostra fede e della speranza, verrà al mondo e sarà privo di casa e, come primo luogo di rifugio, avrà una stalla destinata agli animali. E noi ci prepariamo, nel corso di questo periodo liturgico, appunto ad accogliere, con tanto più calda attesa e tanto più grande amore, colui che viene - umanamente parlando - in tale abbassamento: ciò facciamo per iniziare di nuovo con lui, nella notte di Natale, nella mirabile notte del “nuovo inizio”, l’ulteriore tappa della nostra vita. Così la Chiesa attende colui che deve venire. Non è questa un’attesa passiva. L’Avvento è il tempo di una particolare cooperazione, nello Spirito della speranza umile e gioiosa, con quel Verbo di Vita, che Dio pronuncia eternamente, e che pronuncia, sempre di nuovo, per ogni generazione, per ogni epoca.
[Angelus, 9 dicembre 1979]
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